Onorevoli Colleghi! - Da più parti si ritiene di aver raggiunto un punto critico che rischia di vanificare nei fatti una corretta dialettica sul terreno delle procedure di approvazione dei documenti di bilancio tra esecutivo e Parlamento, ma anche di compromettere l'auspicabile equilibrio nelle relazioni intraparlamentari tra Commissione parlamentare in sede referente e Aula, tra Commissioni parlamentari settoriali e Commissione Bilancio, tra Camera dei deputati e Senato della Repubblica.
      La riforma dell'esame parlamentare della manovra di bilancio, una riforma che snellisca le procedure salvaguardando le prerogative delle Camere, deve diventare prioritaria per i due rami del Parlamento.
      La prospettiva di lavoro è ampia e complessa: la cosa più difficile è distinguere con precisione e realismo gli obiettivi di breve periodo e quelli di struttura, da implementare e da conseguire compiutamente entro un lasso di tempo più ampio.
      L'obiettivo finale dovrebbe essere quello di conseguire procedure del bilancio pubblico chiare, leggibili e certe, per i parlamentari e per i cittadini, che facciano da supporto a un'economia più aperta, più

 

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competitiva e con finanze pubbliche trasparenti, in solido equilibrio corrente e sotto un controllo condiviso, nel quale Stato e autonomie cooperino lealmente.
      Si apre allora una duplice prospettiva:

          a) una riforma organica della sessione di bilancio che integri nella sessione sostanzialmente due elementi:

              1) l'esigenza di coordinare i bilanci e le politiche finanziari dello Stato e delle autonomie nell'ottica del nuovo modello di ispirazione federalista della Repubblica e nel rispetto del Patto europeo di stabilità e crescita; nelle more della definizione del quadro normativo del federalismo fiscale, sarà bene raggiungere entro il mese di luglio, con la concertazione tra Governo centrale e Conferenza unificata, un'intesa preventiva sulle linee guida della manovra e i principali aspetti del patto di stabilità interno ai fini della predisposizione dei testi del disegno di legge finanziaria e dei provvedimenti collegati;

              2) il passaggio da un bilancio di risorse, che presenta i fondi suddivisi in base alla natura delle spese, a una logica di obiettivi e di risultati;

          b) una riforma iniziale (quella che proponiamo), con pochi e limitati interventi sulla legge n. 468 del 1978 ma che necessita, viceversa, di un concorde, forte e comune impegno politico di Governo, maggioranza e opposizione che, nella prospettiva di una riforma più estesa, ne anticipi non incompatibilmente, ma anzi coerentemente, elementi comunque importanti.

      La riforma iniziale prospettata dovrebbe muoversi lungo tre assi:

          1) attuare pienamente quanto previsto dalla stessa legge n. 468 del 1978, migliorandone alcune disposizioni con un riequilibrio tra il contenuto proprio della legge finanziaria e quello dei provvedimento collegati di settore, all'iter dei quali andrebbe data certezza di tempi;

          2) una riforma dei Regolamenti parlamentari per la parte inerente alla sessione di bilancio;

          3) la riforma della struttura del bilancio, accorpando e riducendo le unità previsionali di base sulle quali si esprime il Parlamento, in base a quando previsto dall'ultima legge finanziaria.

      Un riferimento al dibattito parlamentare degli ultimi anni, anche se mai giunto a una definizione compiuta su quanto è necessario fare, e uno sguardo al modello francese ci possono consentire di impostare una classificazione per funzioni-obiettivo, sulla quale fondare la decisione parlamentare di bilancio.
      Il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) deve diventare in maniera più precisa la guida di un programma che si articola in più provvedimenti. Nel DPEF e nelle relative risoluzioni si dovranno indicare i settori di intervento dei disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica. Il DPEF dovrà essere più dettagliato e impegnativo per quanto riguarda i saldi, i disegni di legge che compongono la strategia di politica economica del Governo e anche la composizione della manovra dal lato delle entrate e dal lato della spesa. Nel DPEF dovranno trovare posto anche obiettivi vincolanti per grandi comparti di spesa: livello complessivo della pressione fiscale, finanziamento delle funzioni obiettivo affidate ai Ministeri, trasferimenti alle autonomie e agli enti previdenziali.
      Il rafforzamento del DPEF come documento guida permetterebbe di affrontare alcune criticità della sessione di bilancio come attualmente configurata:

          1) la limitazione della legge finanziaria alle norme per il sostegno dell'economia sarebbe facilitata da una chiara e impegnativa elencazione di tali misure nel DPEF;

          2) tale limitazione dovrebbe valere anche per l'attività emendativa del Governo, della maggioranza e dell'opposizione, assumendo a riferimento - per quest'ultima - la risoluzione di minoranza sul DPEF.

 

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      La legge finanziaria costituisce uno strumento indispensabile di raccordo della legislazione di spesa ed è insostituibile laddove definisce l'entità e il contenuto della manovra necessaria per centrare gli obiettivi del Patto europeo di stabilità e crescita.
      È però utile una significativa ripartizione della decisione di spesa tra decisione di bilancio e legislazione in corso d'anno, per almeno due ragioni:

          1) evitare la «torsione finanziaria» delle decisioni di spesa e stabilire un corretto rapporto dialettico tra Commissioni parlamentari e Ministeri di settore, e tra Commissione Bilancio e Commissioni settoriali;

          2) focalizzare la decisione di bilancio sulla definizione del quadro macroeconomico (saldi, aspetti quantitativi del patto di stabilità interno, regolazioni tra bilancio di altri comparti ed enti della pubblica amministrazione e dell'area pubblica - sanità, previdenza, Cassa depositi e prestiti Spa, ferrovie eccetera), sull'autorizzazione delle missioni dell'amministrazione centrale (unità previsionali di base) e sulla riallocazione tipizzata delle decisioni di spesa (tabelle della legge finanziaria).

      Se la legge finanziaria viene, per così dire, «asciugata» nei contenuti, il tempo necessario per il suo esame parlamentare può ridursi a due mesi, guadagnando spazio per l'esame dei provvedimenti collegati che, a sua volta, deve concludersi entro il 31 dicembre.
      La sua presentazione dovrebbe pertanto essere anticipata ai primi di settembre (il testo attuale della legge n. 468 del 1978 prevede che sia presentata al Parlamento «entro il mese di settembre»).
      Nell'ambito del sistema di programmazione e di attuazione delle decisioni di politica finanziaria, i provvedimenti collegati si caratterizzano per i seguenti aspetti:

          1) essere parte integrante del programma di intervento delineato nel DPEF e reso vincolante dall'approvazione delle relative risoluzioni parlamentari;

          2) avere contenuto omogeneo, in quanto rivolti a realizzare indirizzi programmatici relativi a determinati settori.

      Si può ritenere che già con la normativa vigente ai provvedimenti collegati sia assegnata la funzione di recare gli interventi di riordino della disciplina vigente che dovrebbero qualificare le politiche di specifici settori. Ma la scarsa specificazione di un percorso per i provvedimenti collegati ha fatto sì che essi non siano riusciti a diventare il veicolo delle politiche settoriali del Governo. I «provvedimenti collegati di settore» previsti dalla legge n. 208 del 1999 possono utilmente affiancare l'attuazione della manovra di bilancio a condizione che siano individuati con precisione, insieme ai loro principali contenuti, nel DPEF, che la loro presentazione coincida con quella della legge finanziaria, che la loro approvazione trovi un limite temporale adeguato e che siano previsti degli accantonamenti riservati e disponibili per tali disegni di legge fino alla data posta come limite per la loro approvazione.
      I provvedimenti collegati di settore devono avere un percorso certo (una corsia preferenziale) per consentire una rapida attivazione delle politiche settoriali del Governo senza «intasare» la legge finanziaria. Si potrebbe definire una sezione specifica dei fondi speciali per la copertura dei provvedimenti collegati vietando la possibilità di utilizzo in difformità.
      I vantaggi di questa proposta sono almeno due:

          1) il decongestionamento della decisione di bilancio;

          2) il pieno recupero da parte delle Commissioni parlamentari permanenti delle scelte sulle materie di competenza.

      Il punto debole riguarda la difficile determinazione di tempi certi per i provvedimenti collegati di settore. Le proposte emerse sono le seguenti:

          1) i provvedimenti collegati devono essere presentati dal Governo unitamente

 

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alla legge finanziaria e in un numero limitato (da due a quattro);

          2) le Commissioni parlamentari di merito del ramo del Parlamento che esamina la legge finanziaria in seconda lettura devono essere immediatamente autorizzate a discutere e a deliberare sugli stessi;

          3) le Commissioni parlamentari di merito devono concludere entro una data certa l'esame in sede referente con regole analoghe a quelle della sessione di bilancio (alle quali andrebbe aggiunto il contingentamento dei tempi per l'esame dei documenti di bilancio in Commissione);

          4) prevedere che le somme, inserite nella risoluzione di approvazione del DPEF e accantonate nella legge finanziaria, finalizzate all'approvazione dei provvedimenti collegati di settore, siano a disposizione e vincolate fino al 31 dicembre, data dopo la quale tali somme saranno trasformate in risparmi.

      Le modifiche regolamentari dovrebbero essere conseguenti a questa impostazione. Si potrebbe dunque intervenire sul piano dei Regolamenti parlamentari definendo regole più restrittive per l'emendabilità nel corso della sessione di bilancio, nel seguente modo:

          1) prevedere che gli emendamenti debbano essere limitati alle proposte che fanno riferimento agli indirizzi contenuti nella risoluzione di maggioranza sul DPEF o nel corrispondente documento dell'opposizione; l'obiettivo di limitare l'emendabilità della legge finanziaria è comunque condivisibile solo se i contenuti della legge finanziaria esposti dal Governo sono molto ristretti e fortemente tipizzati;

          2) prevedere limiti alla presentazione di nuovi emendamenti in Assemblea, rispetto a quelli presentati in sede di Commissione parlamentare; o, meglio, si potrebbe riservare alle Commissioni parlamentari l'esame degli emendamenti in sede esclusiva, salva la facoltà delle Assemblee di votare esclusivamente emendamenti soppressivi o testi interamente sostitutivi di ogni articolo, con l'esclusione di emendamenti aggiuntivi.

      Queste nuove modalità implicano che il tempo a disposizione della Commissione Bilancio per l'esame della legge finanziaria sia maggiore rispetto a quello a disposizione dell'Aula. I componenti della citata Commissione dovrebbero inoltre essere considerati in missione onde accelerarne i lavori.
      L'assoggettamento a tali più stringenti vincoli dovrebbe valere per tutti gli «attori» del processo parlamentare di esame dei documenti di bilancio, in particolare quindi anche per il Governo e per il relatore di maggioranza, che potrebbero proporre in Assemblea solo testi alternativi a quelli approvati dalla Commissione Bilancio (prendendo verosimilmente come unità di misura il singolo articolo). Appare ugualmente condivisibile, poi, al fine di limitare il numero di emendamenti in Assemblea e nello stesso tempo di renderne qualitativamente più significativo il contenuto, prevedere la loro sottoscrizione da parte di venti deputati o del presidente del gruppo parlamentare, nell'ottica di una precisa assunzione di responsabilità politica.

 

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